Ci piace immaginare la pasticceria napoletana come un filo di zucchero che lega terre e secoli, tra Mediterraneo e vicino Oriente. Per raccontare la sua evoluzione fino a oggi – e, forse, per dare uno sguardo anche al suo futuro – abbiamo un testimone d’eccezione, il Maestro AMPI Antonino Maresca.
Quali sono le radici storiche della pasticceria napoletana e in che modo si intrecciano con le tradizioni dolciarie mediterranee e mediorientali?
Le radici della pasticceria napoletana sono profondamente legate alla sua storia, in cui Napoli è stato un punto d’incontro di scambi culturali e commerciali per secoli. La dominazione greca e romana ha posto le basi, con l’introduzione di ingredienti come miele, mandorle e formaggi freschi, mentre il periodo arabo e bizantino ha influenzato profondamente le tecniche e i sapori, con l’uso di agrumi, zucchero e spezie. Questo intreccio con la tradizione mediterranea e mediorientale ha dato vita a dolci come la pastiera, le sfogliatelle e i roccocò, che riflettono l’uso di ingredienti profumati e stratificati in preparazioni complesse e strutturate. L’influsso culturale e gastronomico mediorientale, in particolare, ha contribuito alla tipica ricchezza aromatica e alla pasticceria “calda” e avvolgente tipica della tradizione napoletana.
Quali influenze arabe o bizantine si possono ritrovare nelle tecniche o negli ingredienti della pasticceria napoletana?
In alcune lavorazione della pasta, tipo le tecniche di lavorazione di impasti sottili e sfogliati, come le sfogliatelle, metodi di conservazione come la canditura, l’uso della ricotta o di altri formaggi freschi e negli ingredienti come lo zucchero introdotto dagli Arabi in Europa e l’utilizzo della frutta secca e le spezie
Ci sono dolci specifici della tradizione napoletana che sono particolarmente influenzati da altre culture mediterranee?
La sfogliatella: nelle sue variante “riccia” fatta con pasta sfoglia sottilissima, richiama la tecnica di lavorazione araba e bizantina della sfoglia a strati, simile a quella usata nei dolci mediorientali come il baklava.
La pastiera napoletana: gli ingredienti principali riflettono l’uso di cereali e latticini, base della cucina bizantina, mentre l’aromatizzazione con agrumi e spezie è di derivazione araba. La pastiera è anche simbolo della primavera, che nelle culture mediterranee e mediorientali è spesso celebrata con dolci rituali.
La serie dei biscotti del periodo natalizio, i roccocò, i susamielli, le sapienze e i mostaccioli: hanno tutti in comune il miele, le mandorle, il sesamo, cannella, noce moscata e chiodi di garofano (il pisto napoletano) simili a molte preparazioni dolci dell’area mediorientale, dove l’uso di spezie e frutta secca è predominante.
La cassata napoletana: con il ricorso alla pasta reale (marzapane) e alla frutta candita, elementi tipici della cultura dolciaria araba.
Gli struffoli: hanno ha origini greche (dalla parola “strongylos”, che significa tondo), ma l’uso del miele e della frutta candita richiama la dolcificazione araba.
In che modo gli ingredienti utilizzati nella pasticceria napoletana (come mandorle, agrumi e miele) si legano a quelli tipici della pasticceria mediorientale?
Partiamo dalle mandorle che si trovano nella pasticceria mediorientale in dolci come il ma’amoul (biscotti ripieni di pasta di datteri o noci, inclusa la mandorla) e il baklava. Poi ci sono gli agrumi e in particolare il profumo dei fiori d’arancio che vengono usati per conferire freschezza ai dolci, come nel caso del basbousa o del muhalabiya, un budino aromatizzato ai fiori d’arancio o di rosa. Infine il miele: riflettendo una tecnica tipica della cucina araba, dove dolci fritti come i loukoumades o i kataifi vengono spesso immersi in sciroppi di miele e anche come il baklava o il qatayef, dolci cotti al forno o su una piastra (tipo pancake) poi ricoperti anch’essi di miele.
Ci sono delle tecniche di lavorazione dei dolci napoletani che hai trovato simili a quelle utilizzate nella pasticceria di altre regioni del Mediterraneo?
Sicuramente la frittura dei dolci, tecnica molto comune sia nella pasticceria napoletana che in altre tradizioni mediterranee e poi la lavorazione della pasta sfoglia che consiste nel creare sottili strati di impasto per conferire leggerezza e croccantezza al dolce. Infine, come dicevamo poco fa, l’immersione nello sciroppo (a base di miele, zucchero o aromatizzato agli agrumi) che è una tecnica tipica di entrambe le tradizioni.
Com’è cambiata la pasticceria napoletana nel corso dei secoli, soprattutto in relazione agli scambi commerciali e culturali con i paesi del Mediterraneo?
La pasticceria napoletana si è evoluta profondamente e ogni periodo storico ha portato con sé nuovi ingredienti e tecniche, trasformando l’arte dolciaria napoletana e rendendola sempre più variegata e complessa. Nel Medioevo, l’influenza araba e bizantina ha introdotto l’uso dello zucchero, spezie come cannella e chiodi di garofano, e ingredienti come agrumi e mandorle, che hanno dato vita a dolci più aromatici e ricchi. Durante il periodo borbonico, la città ha beneficiato di un’ulteriore apertura verso le influenze europee, soprattutto grazie all’importazione di cioccolato e vaniglia, mentre l’arrivo di tecniche francesi ha dato origine a dolci iconici come il babà. Con il passare del tempo, queste influenze sono state assorbite nella tradizione locale, creando ricette che sono espressione di un equilibrio unico tra innovazione e rispetto per la tradizione.
Qual è il tuo dolce napoletano preferito che contiene chiari richiami alla tradizione dolciaria mediorientale?
Quello più ricco di significato a livello personale è la pastiera, dolce che racconta un percorso che lega ricordi d’infanzia, tecnica e una grande attenzione all’equilibrio dei sapori. L’approccio tradizionale di mia madre, con la cottura del grano crudo, rappresenta una delle radici autentiche di questo dolce. La mia pastiera attuale è l’evoluzione di questo dolce dopo l’incontro con lo chef Nino Di Costanzo, con la quale interpreto la tradizione ma forte di una consapevolezza moderna: la scelta meticolosa degli ingredienti, la preparazione artigianale della pasta arancia unita a poche gocce di neroly e bacche di vaniglia Tahiti, l’aggiunta della crema pasticcera per migliorare la struttura e dare una morbidezza omogenea (metodologia acquisita dal Pasticcere-lattaio Starace in Piazza del Plebiscito) e infine l’aggiunta di una nota sapida per amplificare le percezione dei sapori e per valorizzare ogni ingrediente.
Cosa rende unica la pasticceria napoletana e in che cosa, invece, si può parlare di continuità culturale?
La pasticceria napoletana è unica grazie a una serie di caratteristiche distintive che ne definiscono l’identità e il valore culturale. Un tempo, ogni dolce era legato a specifici momenti dell’anno e celebrava occasioni particolari, riflettendo appieno la cultura popolare e l’importanza della condivisione e della festa. La stagionalità e l’attesa rendevano speciale ogni dolce, mentre oggi la globalizzazione ha in parte intaccato questa vera tradizione napoletana, fatta di leggende, storie e rituali che danno a questi dolci un fascino e un’identità irripetibili.
Preservare la continuità culturale significa attualizzare e far evolvere questa tradizione senza tradirne l’essenza. Le tecniche moderne e gli ingredienti contemporanei possono essere integrati, ma con attenzione, mantenendo l’autenticità delle ricette storiche senza alterarle con sapori ambigui e non coerenti. La tradizione è frutto di epoche lontane e rappresenta il nostro patrimonio culturale; dare continuità a questo tesoro significa valorizzarlo, non cancellarlo.
Come credi che la pasticceria napoletana possa continuare a evolversi oggi?
È fondamentale codificare regole precise sia nella scelta degli ingredienti che nelle tecniche di lavorazione: ingredienti di prima qualità, senza aromi di sintesi o grassi idrogenati, devono essere alla base di ogni preparazione. Al centro di tutto deve rimanere l’identità della pasticceria napoletana, con un’armonia di sapori che lascia un gusto memorabile, capace di imprimersi nei ricordi di chi la assapora.
Credi che la pasticceria napoletana abbia le potenzialità per affermarsi commercialmente nel mondo?
Immagino la pasticceria napoletana come un’esperienza sensoriale che si esprime in ogni dettaglio: una sfogliatella appena sfornata, calda e fragrante; un babà intriso di uno sciroppo leggero, arricchito da un rum di qualità, e profumato con note fresche di limone, arancia, lime e un tocco sottile di zafferano; una pastiera, cotta in uno stampo microforato per mantenere intatta la friabilità della frolla, lasciata riposare almeno due giorni affinché i profumi interni possano svilupparsi pienamente. Penso a una caprese dove il cioccolato non sovrasta, ma accompagna la delicatezza della mandorla, con una consistenza morbida e una qualità delle materie prime che fa la differenza. Infine, la delizia al limone: fresca e avvolgente, con il profumo puro del limone, senza alcun aroma artificiale, e con un sapore che si mantiene naturale e non eccessivamente dolce. Questa è, per me, la vera essenza della pasticceria napoletana. Chi vuole portarla nel mondo dovrebbe conservare questi parametri di qualità e rispetto per la tradizione; solo così potrà mantenere realmente viva l’identità di questa pasticceria unica, e a quel punto, davvero, tutto sarà possibile.
Chi è Antonino Maresca
Sorrentino di nascita, Maestro AMPI dal 2022, Antonino Maresca è consulente e specializzato in pasticceria d’alta ristorazione. Creatore di estetica e di sapori, approda giovanissimo nei migliori hotel d’Italia e d’Europa, frequenta numerosi corsi in prestigiose scuole di pasticceria con professionisti di spicco, e altri periodi di tirocinio con Iginio Massari, Pierre Hermé, Heston Blumenthal, Raimond Blanc e Renè Redzepi. Dopo varie esperienze in ristoranti stellati con Andrea Berton a Milano e con Nino di Costanzo ad Ischia, ora trasmette tutto il suo sapere sull’arte della pasticceria collaborando con enti di formazione ed effettuando consulenze.
In lui si abbinano una grande cura nell’aspetto e nella scelta della materia prima e una profonda conoscenza dell’ingrediente. Le sue creazioni, infatti, iniziano dalla scelta dei prodotti base di qualità per poi esaltarle il più possibile, con abbinamenti e accompagnamenti originali e fantasiosi. Tramite la sua creatività e le sue conoscenze giunge al prodotto finale che è una vera e propria emozione, per gli occhi e per il palato, quasi un’esperienza mistica. Trasportato dalla sua passione, dalla sua curiosità, dal suo stimolo di ribaltare le mappe mentali delle cose date per scontate, riesce a rendere protagonista del proprio lavoro chiunque segua i suoi corsi.