Vicepresidente della Accademia Pasticceri Italiani (AMPI) e patron della pasticceria Nuovo Mondo di Prato, Paolo Sacchetti è in assoluto la persona giusta con cui scoprire la pasticceria italiana tradizionale “inzuppata” dalle bagne tipiche, come quelle all’Alchermes che profumano le sue mitiche pesche di Prato o la zuppa inglese o quelle – più o meno liquorose – che caratterizzano torte, babà, tiramisù e delizie varie.
Facciamo una premessa
Il primo motivo per cui sono nate le bagne alcoliche in pasticceria è che con la loro gradazione si allungava la vita del prodotto. Il classico dolce all’italiana è diviso in tre parti uguali: pasta, liquore crema.
Qual è il ruolo dell’inzuppo nella pasticceria tradizionale italiana?
Oltre alla conservazione, naturalmente c’è il gusto: la bagna serve per non far “aggozzare” come diciamo noi in Toscana, per alleggerire la texture. Ad esempio, un pan di Spagna non bagnato, senza zuppitura, dopo un po’ ti stanca. Quindi la bagna, che è principalmente un infuso di un distillato o di un liquore, aiuta la palatabilità del dolce aggiungendo umidità e profumo.
Quali sono i dolci italiani che non hanno motivo di esistere senza una bagna?
Pensa che quello che può essere considerato il primo semifreddo della storia è lo zuccotto fiorentino che risale alla fine del ‘500, grazie all’architetto Buontalenti. A quei tempi i dolci erano inzuppati con i liquori che venivano fatti dai frati, dai monaci e dai farmacisti che avevano quasi il monopolio; ogni convento o monastero faceva il proprio liquore che poteva essere usato anche nella preparazione di un dolce particolare. Narra la leggenda che con il pan di Spagna inzuppato nell’alchermes si foderasse l’elmo di Caterina de’ Medici e che, sempre dalle nostre parti con l’alchermes, nascesse anche la zuppa inglese (per la precisione a Fiesole nella casa di un aristocratico britannico, grazie alla sua cuoca personale).
Poi ci sono le pesche di Prato, che sono il mio cavallo di battaglia. Nel 1861, per festeggiare l’unità d’Italia, le pesche furono servite per la prima volta in una locanda in piazza del duomo di Prato. Un tempo, per accoppiare la pasta, si usava solo un po’ di marmellata, mentre le mie sono un classico dolce all’italiana, in cui c’è un equilibrio esatto tra la pasta brioche (12 g), l’inzuppitura (12 g) e la crema pasticcera (12 g).
Tra i tanti altri dolci italiani che si fondano sull’equilibrio di struttura, bagna e crema (un terzo ciascuna), ci sono la torta Mimosa e il tiramisù: il più famoso dolce italiano nel mondo ha, appunto, un terzo di savoiardi, un terzo di bagna al caffè e un terzo di crema mascarpone. Infine, il babà napoletano senza la bagna sarebbe un’eresia, non potrebbe esistere, anche se non è strettamente italiano di nascita.
Quali sono le differenze principali tra una bagna alcolica e una analcolica in termini di gusto e texture nei dolci?
A livello di texture la differenza non c’è ma esiste una differenza notevole nella conservazione del dolce. Prendiamo ad esempio la Delizia quella torta di pan di Spagna farcita con crema alle mandorle e ricoperta sempre con pasta di mandorle: inzuppato di bagna alcolica è un dolce che teoricamente può stare fuori anche per tre settimane, mentre senza bagna ammuffirebbe nel giro di 4 o 5 giorni. Più alta è la gradazione, più a lungo si conserva un dolce. Per quanto riguarda il gusto, la percentuale di alcol dona freschezza al dolce – pensa alla merendina Fiesta che ha un po’ di bagna alcolica ma in percentuale minima, da bambini – e ti fa venire voglia di mangiarne ancora, ha un effetto aperitivo.
Come si sceglie il tipo di liquore o distillato da utilizzare a seconda del dolce?
Va molto a gusto personale ma ci sono anche degli accostamenti canonici. Se io faccio la Foresta Nera con le ciliegie è chiaro che userò maraschino o kirsch; se in un dolce userò crema al limone è plausibile che le accosterò il limoncello; in un Monte Bianco aggiungerò whisky o cognac o rum: queste sono scelte quasi obbligate. Poi, però, ci sono le contaminazioni che derivano dalla genialità e dalla creatività: ad esempio l’amaretto abbinato al mandarino non è un classico ma sta bene. Se assaggi tanti dolci, via via riesci a fare accostamenti più originali: in Italia abbiamo veramente una marea di liquori e distillati ma siamo un po’ fissati con le solite cose o con quelle che sono di moda, mentre bisogna sempre cercare di osare.
Esistono tecniche particolari per evitare che la bagna alcolica sovrasti il sapore degli altri ingredienti?
Non è tanto una questione di tecnica ma della percezione dell’equilibrio e dell’armonia tra gli ingredienti. Di base, quando ho un pan di Spagna straordinario che mi permette di assorbire la giusta quantità di bagna, al tempo stesso devo riuscire a mettere la crema in maniera che vada a penetrare negli alveoli liberi: questa combinazione è un’alchimia che si ripete. Sperimentando, riusciamo a capire quello che può piacere al cliente, anche se è chiaro che non si riesce sempre ad accontentare tutti.
Quali sono le tue preferenze personali nella scelta del tipo di alcol per le bagne, e perché?
Fin da piccolissimo mi sono sempre piaciute le cose dolci e liquorose, con lo sherry o il nocino. Quando diventi un professionista, qualcosa dell’infanzia rimane ma devi parzialmente accantonare le tue preferenze, anche se tra un Vin Santo secco e uno più dolce, torni sempre a scegliere quest’ultimo. Mia madre diceva “tu stai sempre a strogolare” (a pasticciare n.d.r.): anche i miei primi dessert da piccolo erano con frutta e liquori e ha continuato a piacermi la pasticceria fatta in un certo modo, le pesche con il Moscato o il Martini dry, le pere cotte nel vino rosso, i marroni con il maraschino anziché con il rhum. Quel gocciolino alcolico ci deve sempre essere.
Come si bilanciano correttamente le proporzioni di zucchero e alcol in una bagna per garantire il giusto equilibrio di dolcezza e umidità?
Il segreto non è tanto nella bagna quanto nel pan di Spagna o savoiardo. che deve avere una struttura ad alveoli molto fini, più fini possibile: questo dipende dalla ricetta, dal forno e da tante altre variabili perché quella del pan di Spagna è una ricetta molto semplice e, come tutte le cose semplici, è difficilissima. Ad esempio, la Delizia al limone di Sal De Riso è semplice quanto le pesche di Prato ma il pan di Spagna è arricchito con del tuorlo, rendendola pronta a ricevere la crema di farcitura – tipo lemon curd – la zuppitura e poi a sopportare anche la glassatura con una crema fluida alla panna, creando un’alchimia perfetta.
Ci sono dolci della tradizione che non si prestano all’uso della bagna alcolica o esistono varianti moderne in cui è stato introdotto questo elemento?
Oggi dolci sono conservati soprattutto con la catena del freddo – facendo decadere l’uso a scopo conservativo – e si è diffusa la moda delle bagne a base di polpa di frutta e con una percentuale minima di distillati o liquori che donano aroma e freschezza: le varianti sono molteplici e ancora senza codificazione. Ogni pasticcere fa di testa sua: ad esempio, la Sacher nasce senza bagna ma in Italia quasi tutti la aggiungono. Le basi di biscuit della pasticceria svizzera non nascono per essere inzuppate ma, ad esempio, utilizzo un biscuit al cacao senza farina per la mia versione della Foresta Nera, inzuppato di kirsch, molto alcolico e molto profumato: è tutto nella sensibilità di ogni pasticcere.
Chi è Paolo Sacchetti
Con un’energia contagiosa e un cuore goloso, Paolo Sacchetti è il protagonista di una storia dolcissima.
Cresciuto a Figline Valdarno, ha iniziato “strogolando” in cucina con gli ingredienti dell’aia di casa e oggi – a cinquant’anni suonati, ma con l’entusiasmo di un ragazzino – è ormai un punto di riferimento per gli amanti del dolce nella sua pasticceria “Nuovo Mondo” a Prato.
Vicepresidente dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani (AMPI), Sacchetti non si limita a preparare prelibatezze: si dedica con passione alla tutela e all’innovazione della tradizione dolciaria italiana. La sua creazione più celebre è senza dubbio la Pesca di Prato, un dolce della tradizione locale che stava scomparendo e che Paolo ha riportato in auge, trasformandola in un prodotto dalla produzione mai più interrotta. Grazie al suo impegno, queste piccole meraviglie hanno conquistato premi prestigiosi e il palato di chiunque le assaggi.
La carriera di Sacchetti è costellata di riconoscimenti – dalla miglior torta primaverile alla perfezione della pasta sfoglia, fino al titolo di Pasticcere dell’Anno 2012 – ma Paolo non è solo un grande pasticcere: ha contribuito a fondare il Consorzio di tutela del Biscotto di Prato, impegnandosi a proteggere e diffondere la ricetta autentica di questo tesoro alle mandorle e diventando, di fatto, uno dei custodi del patrimonio dolciario.
Con il sorriso di chi ama il proprio mestiere e una modestia disarmante, per lui, ogni dolce è un’opera d’arte e ogni cliente, un complice nella sua dolce missione: regalare felicità, un boccone alla volta. Nel suo laboratorio, tutto racconta una storia: burro al posto della margarina, ingredienti stagionali e locali, una filosofia senza compromessi. Dalle mousse ispirate alla pasticceria francese ai millefoglie croccanti preparati al momento, ogni creazione è pensata per sorprendere e deliziare. E per chi ama le bontà in miniatura, Paolo è un pioniere della pasticceria mignon, dove ogni boccone è un concentrato di sapore.