Le parole descrivono la realtà, la rappresentano, la plasmano.
Possono creare mondi, case che accolgono o muri che respingono. Possono generare molta gioia e anche molta sofferenza. Possono avvicinare o mettere distanze immense. Sono in grado di plasmare le nostre esperienze e l’identità.
Le parole sono importanti, sempre.
(S)definizioni
Cassero, circolo Bolognese impegnato nel riconoscimento dei diritti delle persone intersessuali, trans*, bisessuali, lesbiche, gay e quelli di tutte le altre identità, torna oggi con il suo nuovo progetto editoriale.
A distanza di un anno dal n. 0 ecco CLAMOROSƏ numero 1 – (S)definizioni: come fare case con le parole, realizzato dalla redazione di volontariə di La Falla insieme a ospitə e amicə. Articoli, illustrazioni bellissime, l’enigmistica Clamorosa e Dinosplaining.
Il nucleo di “Clamorosə” sono proprio le “sdefinizioni”. Questo neologismo aperto a diverse interpretazioni, sottolinea la complessità delle identità LGBTQ+. Le sdefinizioni invitano a esplorare nuovi orizzonti di significato e a sfidare le definizioni tradizionali.
Hanno chiesto a espertə e persone coinvolte in prima persona, di provare a definire e s-definire le parole con cui raccontiamo la nostra società in questi anni.
Cancel culture, non binarismo, specismo, intersex, lesbica, sex work, disabilità, maternità, coming out, comunità, scuola, cronaca, sesso, corpo, seconde generazioni.
“Se una definizione è impossibile, allora proviamo a S-definirle insieme”.
Un audace tentativo nel mondo dell’attivismo e dell’espressione queer di mappare i termini che rappresentano il mondo contemporaneo, offrendo una nuova prospettiva sull’identità, la lingua e la comunità LGBTQ+.
Nell’editoriale di Valentina Pinza e Antonia Cassoli leggiamo:
“Clamorosə. (S)definizioni: come fare case con le parole è una chiamata, per tuttə: sdefinire, inventare una nuova mappa concettuale del linguaggio, conquistare un territorio non per assoggettarlo, ma per rivelarlo sconfinato grazie al nostro desiderio.
E in cui trovare, tuttə, riparo.”
Nella prefazione, Andrea Zaninello scrive:
Secondo Judith Butler, i confini sono spazi di transizione, punti di contatto e attraversamento. Le sdefinizioni ci permettono di sfidare i confini rigidi del linguaggio e spingerci verso un terreno inesplorato, dove l’identità può trovare espressione e riconoscimento. Le sdefinizioni ci offrono un modo per abbracciare l’ambiguità, l’incertezza e la vastità delle esperienze umane.
È attraverso il linguaggio che possiamo resistere alle narrazioni dominanti, alle definizioni imposte e costruire una realtà più ampia che rifletta la nostra diversità. Allo stesso tempo, riconosciamo che il linguaggio non è neutro, che i limiti del nostro linguaggio significano i limiti del nostro mondo, per dirla con Ludwig Wittgenstein. Il linguaggio può riflettere e perpetuare le disuguaglianze e le violenze presenti nella società. È quindi importante interrogare e sfidare il linguaggio, riconoscendo che le parole possono anche ferire, escludere e negare la nostra umanità.
Riappropriazione Linguistica
Perché è importante per la comunità LGBTQ+? Quando un termine precedentemente usato in modo offensivo viene trasformato in un’identità di potere, diventa una forma di resistenza attraverso la quale le comunità possono ridefinire le parole per promuovere un senso di appartenenza e auto-affermazione.
Come utilizziamo il potere delle parole?
I termini che scegliamo di usare non sono semplici simboli, ma strumenti di azione che possono produrre effetti reali nel mondo. Il linguaggio può sia opprimere che liberare, creare spazi sicuri per le storie e allo stesso tempo fare male.
È importante esserne consapevoli o, almeno, allenarsi a farci caso.
Per info su come poter ricevere Clamorosə. (S)definizioni vai sul sito.