Perché ci piace vedere gli altri fallire? Cosa si nasconde davvero dietro questa emozione così scomoda?
Ebbene sì, dobbiamo ammetterlo: quando qualcuno cade, una parte di noi sorride. Capita anche per strada, con gli amici. Un po’ ce ne vergogniamo, ma è una sensazione irresistibile che nasce da dentro e che si espande anche in altri momenti della nostra vita.
Schadenfreude, la gioia maligna
La psicologia la chiama Schadenfreude. Il termine deriva dal tedesco e significa letteralmente “gioire per il male degli altri”.
Nelle società tribali, l’insuccesso di un rivale poteva significare avere più opportunità per sé o per il proprio gruppo. Oggi, anche se le dinamiche sociali nel mondo occidentale si sono parzialmente evolute, il nostro cervello continua a registrare il successo degli altri come una minaccia al proprio status.
Mal comune, mezzo gaudio
In uno studio del 2009*, si è osservato tramite risonanza magnetica, l’attivazione di un’area legata al piacere quando un rivale fallisce. Dal punto di vista psicologico, il fallimento degli altri attiva la nostra autostima nel confronto sociale, facendoci sentire in qualche modo più capaci: se anche gli altri falliscono allora non sono solo io a farlo, quantomeno posso permettermi di farlo. La saggezza popolare utilizza il proverbio “mal comune, mezzo gaudio” per esprimere questo sentimento.
Un caso da manuale
Per comprendere meglio, possiamo rifarci a un caso clinico reale: Marzia (nome fittizio per proteggere l’identità della paziente) intraprende un percorso psicologico per migliorare se stessa, anche in ambito lavorativo, perchè attende da troppo tempo una promozione che tarda ad arrivare. Quando la diretta concorrente – per il ruolo di responsabile marketing nell’azienda in cui si trova – ha un imprevisto ed è messa fuori gioco, lei ne gioisce:
Mi sento una persona terribile. Paola la diretta concorrente per il ruolo che desidero ricoprire, ha avuto un incidente e quindi sono rimasta l’unica candidata. Eppure questa cosa, anziché dispiacermi per lei, mi fa sentire bene. Come è possibile che accada questo?
Secondo la teoria del confronto sociale di Festinger*, siamo costantemente orientati a chi sta sopra o sotto di noi. Il fallimento altrui diventa una sorta di stampella per la nostra autostima.
Qui entrano in gioco anche i concetti di proiezione ed ombra di Jung e Freud, perché vedere gli altri fallire risveglia in noi parti che abbracciamo con difficoltà.
La nostra insicurezza nasce spesso dalla paura di non aderire a schemi ereditati, che percepiamo come giusti anche quando si rivelano rigidi. Ma proprio questi schemi, troppo spesso, ci allontanano dalla nostra autenticità, fatta anche di fragilità.
Verso la consapevolezza
Riconoscere questo piacere, senza giudicarlo, è un atto di consapevolezza importante, un passaggio necessario per una maturità emotiva. Solo attraverso l’accettazione di quelle emozioni che consideriamo “pesanti e brutte” possiamo trasformarci incontrando la compassione.
Saper gioire del successo altrui è certamente un indicatore della nostra crescita, che non può prescindere dall’accettazione anche delle emozioni più intense e problematiche.
Quattro chiavi per crescere
Anche questa volta ti propongo un esercizio che potrebbe aiutarti nel percorso verso una maggiore consapevolezza:
- Inizia a scrivere un diario delle tue emozioni più scomode: quelle che provi quando gli altri hanno successo o falliscono.
- Chiediti con sincerità: cosa risveglia in me questa situazione?
- Ricorda che gli antidoti all’invidia sono la gratitudine e la collaborazione e che anche queste possono essere allenate.
- Lavora sull’ombra: più conosci i tuoi “punti ciechi” e meno ti troverai a giudicare quelli degli altri.
Fonti:
- *Takahashi et al., Science, 2009
- *Human Relations, 7(2), 117-140. Festinger, L.