Una conversazione

Identità di genere, identità non binaria e altre cose che sembrano difficili ma sono facili

Tempo di lettura: 8 minuti

Quante volte ultimamente hai sentito parlare di genderqueer, non-binary, genderfluid, identità di genere e di un sacco di altre definizioni intorno ai temi LGBTQIA+ senza capirci niente? A me tutte le volte viene mal di testa e, anche se a volte vorrei dire la mia sull’argomento, mi sembra di non essere mai abbastanza preparata. Mi chiedo se capita anche a te.

Ho pensato di approfondire e di condividere le mie riflessioni e quelle di un’amica molto più esperta di me.

Questo articolo non vuole essere in nessun modo esaustivo sull’argomento – che è immenso, in continua evoluzione e pieno di sfumature. È una chiacchierata che ci aiuta a chiarire un po’ il tema dell’identità di genere.

Ho fatto una chiacchierata con Andrea sull’argomento. È un’amica che sta per iniziare il percorso di transizione ormonale e chirurgica. Non binaria, attivista dei diritti LGBTQIA+.

D: Ciao Andrea, grazie della tua disponibilità. Come vuoi che mi rivolga a te?

R: Come preferisci, mi appartengono tutti i pronomi e in bio li ho segnati tutti. Io per me stessa uso il femminile semplicemente perché è legato al termine “persona”, che è di fatto quello che sono.

D: A proposito, forse non tutti capiscono ancora a cosa serve l’uso dei pronomi nelle bio. Serve a dichiarare come vorresti che le persone si rivolgessero a te, se usando il maschile, il femminile o il neutro (in inglese she/her, he/him o they/them). Perché è importante diffondere questa abitudine?

R: È importante che tutti inizino a dichiararlo per abitudine quando ci si presenta e nelle bio perché il nome di una persona o il suo aspetto fisico non coincidono necessariamente con la sua identità di genere. 
Di riflesso i pronomi non vanno mai dati per scontati e dichiararli aiuta le persone a evitare il disagio di una correzione indispensabile se vengono usati per loro quelli sbagliati.

D: Ti va di raccontarmi come ti identifichi e come ti definisci?

R: Sono una persona transgender non binaria – o enby, o genderqueer, sono tutti sinonimi. La mia identità di genere è definibile come transmasculine o demiguy. Vuol dire che sono una persona prevalentemente maschile, con una certa parte femminile. Nel mio caso specifico questa si manifesta soprattutto nella mia espressione di genere. Sono una persona che dovrebbe – perché ancora non ho iniziato la transizione ormonale e chirurgica –  avere corpo maschile e espressione di genere androgino/femminile. 

D: Perchè sono così importanti le definizioni?

R: Le definizioni sono importanti in generale per l’homo sapiens. È da quando abbiamo acquisito la parola che cerchiamo termini per definire il nostro mondo, perché spiegano ciò che una certa cosa è. Se questo vale per la forchetta o la stella, vale ancora di più per le parti indispensabili, basilari di ciò che siamo noi. L’identità di genere è una parte basilare di quello che siamo. Ci definisce, è la struttura, le fondamenta della nostra persona sulle quali costruiamo la nostra identità.

D: Aiutaci a fare un po’ di chiarezza. Cos’è l’identità di genere?

R: L’identità di genere è uno dei quattro elementi che formano noi tutti come persone. Gli altri tre sono: sesso biologico o sesso assegnato alla nascita, orientamento sessuale/romantico e espressione di genere. 

L’identità di genere è strutturata a livello mentale, nel cervello. È come tu senti di essere, il genere a cui senti di appartenere. Può essere corrispondente al tuo sesso biologico o al sesso che ti è stato assegnato alla nascita e sei cisgender, o non corrispondente e sei transgender

Semplifichiamo con degli esempi: se nasci con genitali femminili e senti di essere donna, sei una donna cisgender. Se nasci con genitali femminili e senti di essere uomo, sei un uomo transgender. Se nasci con qualsiasi tipo di genitali e senti di non rientrare nel binarismo maschile/femminile, sei una persona non binaria.

Il sesso biologico è dato da cromosomi, genitali, apparato riproduttore e ormoni: ciò che fisicamente sei, come fisicamente nasci. Puoi essere femmina, maschio o appartenente all’ombrello intersex

Parlo però di sesso assegnato alla nascita e non di sesso biologico, perché il sesso viene assegnato alla nascita solo attraverso la visione dei genitali esterni e – in molte più persone di quante non si immagini – i genitali esterni, gli ormoni, i cromosomi e/o l’apparato riproduttore, non corrispondono a un singolo sesso biologico così matematicamente come pensiamo.

L’orientamento sessuale definisce per quali individui, con determinato sesso biologico e/o identità di genere, provi attrazione sessuale. 

L’orientamento romantico definisce di quali individui, con determinato sesso biologico e/o identità di genere, ti innamori. 

Anche l’assenza di attrazione sessuale e romantica verso altri individui è un orientamento, per la precisione è lo spettro di orientamenti asessuali e aromantici.

L’espressione di genere è il modo in cui ti esprimi nel mondo attraverso un determinato abbigliamento, comportamento, modo di fare che tu o la società attribuite a uno o più generi.

La mia espressione di genere ad esempio è sia androgina che femminile. Mi vesto, mi comporto e mi atteggio in parte in modo neutro e in parte in modo spiccatamente femminile.

Ti chiederai come questa cosa concorda con la mia identità di genere prevalentemente maschile: nessuno di questi quattro elementi ha una concordanza diretta e obbligatoria con gli altri tre elementi ma possono mescolarsi in qualsiasi modo possibile.

D: Cosa significa, in generale, essere una persona transgender non binaria?

R: Transgender è un termine ombrello che accoglie tutte le persone la cui identità di genere non concorda con il sesso biologico o assegnato alla nascita.
Le persone transgender binarie hanno identità di genere opposta al sesso biologico o assegnato. Se la loro identità di genere è femminile ma gli è stato assegnato sesso maschile sono donne transgender, se la loro identità di genere è maschile ma gli è stato assegnato sesso femminile sono uomini transgender.

Le persone transgender non binarie invece non rientrano nel binarismo maschile/femminile. Una persona non binaria non è solo ed esclusivamente maschio o solo ed esclusivamente femmina. La sua identità può avere parti maschili, femminili, neutre, non identificate, fluide o altro. Possono essere due o più di due, e possono essere statiche, sempre quelle, o cambiare nel tempo, o cambiare di intensità in uno spettro.

Ad esempio le persone genderfluid hanno più identità che si alternano, che sia più volte durante il giorno o meno frequentemente, e le persone genderflux hanno una o più identità che cambiano di intensità. Ci sono identità non binarie agender che non hanno un genere, ci sono identità genderneutral il cui genere è neutro, altre sono bigender e hanno due generi, altre ancora sono pangender o poligender e hanno tutti o molti generi. Le definizioni sono tante, perché diversi sono i nostri cervelli.

Ritengo però importante sottolineare che per definirsi transgender, una persona non deve necessariamente avviare una transizione ormonale o chirurgica, vestirsi o comportarsi in un certo modo, cambiare nomi o pronomi. Nessuna persona è più o meno transgender di un’altra a seconda del percorso che intraprende.

D: Come e quando hai preso consapevolezza della tua identità?

In un mondo eteronormativo e cisnormativo, ero convinta di essere etero e cisgender, lo davo proprio per scontato, perché tutte le persone intorno a me lo davano per scontato.
Ho preso consapevolezza del mio orientamento sessuale a 13 anni, quando per la prima volta ho provato attrazione per una donna. In quel momento mi sono definita bisessuale perché non conoscevo altri termini.

In realtà sono sempre stata pansessuale: provo attrazione per una persona indipendentemente dal suo sesso biologico e dalla sua identità di genere.

Per quanto concerne la mia identità di genere è stato molto più complicato e lungo. 
Sin da piccola io ho sempre detto che sarei dovuta nascere maschio, ma non era così. Questo pensiero è rimasto in modo permanente dentro di me come un desiderio impossibile.
Sono cresciuta in un contesto culturalmente ristretto, retrogrado, patriarcale e tradizionalista, senza le conoscenze base per capire che il desiderio di nascere maschio era qualcosa di più di un desiderio e di fatto qualcosa su cui avrei potuto influire. 

Non sapevo neanche dell’esistenza delle persone transgender, non avrei mai potuto capire che io lo ero.
Quando i miei ormoni hanno cambiato il mio corpo, e l’hanno fatto diventare femminile, l’esigenza di esprimere e manifestare la mia identità maschile era diventata pressante, impossibile da tenere dentro, indispensabile.

È così esplosa all’improvviso attraverso l’espressione di genere. Ho mascolinizzato il modo in cui parlavo, mi rapportavo al mondo, vestivo e mi comportavo, perché era l’unico modo che avevo in quel momento per esprimere quell’aspetto della mia identità. In realtà non era ancora l’ideale per me. Quello che mi avrebbe fatto sentire coerente con il mio essere, sarebbe stato avere un corpo maschile e vestirmi e comportarmi in modo androgino/femminile (espressione di genere). 

Ci sono arrivata due anni fa, quando ho visto un ragazzo con espressione di genere molto femminile e ho realizzato di colpo che lui era quello che ero, che sono io. Ho iniziato a indagare su me stessa, a riflettere e ho compreso e ricostruito la mia identità su quella nuova base.

D: Come si costruisce un’identità?

R: La mia identità l’ho ricostruita con alla base 9 anni di terapia psicologica e psicanalitica. Durante la mia adolescenza ho costruito me stessa e una vita intera su basi sbagliate, opposte rispetto a quello che erano, perché io non ero donna. Quando femmina lo sono diventata fisicamente, mio malgrado, sono entrata in depressione e ci sono rimasta 11 anni.
Durante quegli anni, la terapia mi ha permesso di uscirne, e mi ha anche insegnato a comprendere i meccanismi del mio cervello, a costruire, decostruire, smontare, fare a pezzi, analizzare i miei pensieri, quello che sono e che mi caratterizza.
Questo mi è stato utile nel lavoro di ricostruzione di due anni fa, e con la comprensione della mia identità di genere ho trovato anche una quantità di risposte che fino a quel giorno erano ancora nodi irrisolti.

La nostra identità è come una casa: se le colonne che hai messo in basso sono sbagliate, la casa sarà sbilenca, avrai paure, avrai dubbi, avrai problemi, avrai meccanismi mentali che non sono quelli giusti, non sono quelli veri e non sono i tuoi. 
Ho trovato finalmente il modo di capire chi ero sulle basi giuste. 

D: Perché si parla così tanto di questi temi proprio in questo momento?

R: In questo momento si parla così tanto dei nostri mondi perché c’è una nuova apertura culturale che permette alle persone transgender e non binarie di esporsi per far valere i propri diritti. 

Ci sono diversi aspetti. Da una parte i movimenti trans* fanno politica e divulgazione attiva per ottenere leggi per tutelare le nostre soggettività, migliorare la qualità della nostra vita e anche per farci conoscere, c’è pochissima informazione.

Dall’altra parte, visto che si parla tanto dell’argomento, più persone trovano il coraggio di dichiararsi, pensando di poter essere tutelate, riconosciute e protette della transfobia. 

È un’identità che esiste, e va semplicemente accolta insieme a ogni altra caratteristica singolare di un individuo. 

Il numero di persone transgender e non binarie sembra molto più alto di prima ma non lo è. Ora sono solo più rumorose di prima: in realtà sono sempre esistite, anche in un passato molto remoto.

Le persone transgender non sono una novità degli anni 2000, anche se non è molto che se ne parla o che c’è una carta consapevolezza sul tema.
Troviamo testimonianze  di presenza di persone transgender o non binarie in quasi tutte le culture della storia umana. 
Ad esempio in alcune tribù dei nativi americani esistevano persone con ruoli di terzo genere.
Nell’antico regno di Assiria esistevano prostituti sacri omosessuali e transessuali che prendevano parte alle processioni pubbliche con canti, danze, indossando costumi, a volte anche con abiti femminili e trasportando i simboli femminili, spesso fingendo di essere preda delle doglie del parto.
Nell’antica India gli Hijra sono una casta di terzo genere, o meglio un gruppo transgender che vive secondo i ruoli femminili assegnati loro. Lo Hijra può nascere maschio o intersessuale ed alcuni di essi possono essere nati come femmine. Gli Hijra hanno una storia registrata nel subcontinente indiano dall’antichità in poi, così come viene suggerita la loro presenza anche durante il periodo di stesura del Kāma Sūtra.
In Persia poeti e mistici come Saˁdi, Hafez e Giami hanno scritto poesie piene di allusioni omoerotiche, comprendendo in esse anche il sesso con le giovani donne transgender o con maschi che assumevano il ruolo femminile, come il Köçek e il Bacha Bazi, il tutto associato con le pratiche spirituali sufi“.

“All’interno della cultura degli Zapotechi di Oaxaca, nel Messico meridionale, un muxe è una persona alla quale è stato assegnato a livello individuale il genere sessuale maschile, ma che si veste e si comporta in modalità altrimenti associate al genere femminile; possono essere visti come un terzo genere. Alcuni si sposano con delle donne per poter avere dei figli, mentre altri scelgono per le loro relazioni sentimentali ed erotiche dei partner maschili“
cc wikipedia

D: Chiudo con la mia solita domanda. Per te, quando una cosa si può definire bella?

R: Una cosa si può definire bella quando ti dà serenità. Quando partecipa alla tua pace mentale.

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