Cosa hanno in comune una tazza da colazione, una motocicletta e un tostapane? Se vi trovate in Giappone, la risposta è più ovvia di quanto pensiate: Hello Kitty. Sì, perché la gattina più kawaii – e più commerciale – del mondo, nata esattamente 50 anni fa, si è ormai impossessata di tutto. Dalla cancelleria ai gadget tecnologici, dalle carte di credito agli aerei. E poi cartoni animati, videogiochi, cibo a forma di Hello Kitty e molto altro. La cantante Lisa Loeb, testimonial della Stratocaster Hello Kitty, le ha dedicato un intero album – Hello Lisa. In Giappone Hello Kitty è davvero ovunque.
In Giappone è tutto molto fumettoso. Nelle metropolitane anche gli avvisi più seri sono fatti in forma di manga. Non c’è da stupirsi che nel 2018 la Japan Railway West Co abbia addirittura inaugurato uno treno superveloce – che va da Osaka a Fukuoka – dedicato a Hello Kitty. C’è solo in alcuni periodi dell’anno ma se passate da quelle parti, è un’esperienza da non perdere. Io ci sono stata proprio nel 2018. Uno shinkansen completamente brandizzato Hello Kitty per una full experience nella vita giapponese e nei suoi contrasti estremi. Pochi turisti, salary man mischiati a Harajaku girl, cosplay. Area gadget per lo shopping selvaggio e ogni singolo dettaglio (bagno compreso) personalizzato con le immagini dell’icona più adorabile del mondo.
Una gattina nata (quasi per caso) nel 1974
Facciamo un passo indietro. È il 1974, il Giappone è nel pieno del suo boom economico e l’azienda Sanrio decide di creare una nuova mascotte per vendere accessori da regalare. Nasce così Hello Kitty, dalla matita di Yuko Shimizu, progettata per rappresentare amicizia, dolcezza e semplicità. E ci è riuscita, trasformandosi in un simbolo globale.
Molti attribuiscono il suo successo al fatto che Hello Kitty non abbia la bocca. Non è un errore né un dettaglio trascurato, ma una scelta precisa. “Così ognuno può immaginare come si sente,” spiega Sanrio. L’espressione neutra rende Hello Kitty universale, pronta a conquistare chiunque e ovunque. E funziona: il primo prodotto con il suo faccino – un piccolo portamonete – vende più di quanto Sanrio potesse immaginare. Da quel momento, la gattina diventa il simbolo della filosofia kawaii. Il resto è storia (e milioni di gadget venduti).
Perché un nome inglese? Perché “Hello Kitty” e non “Miao-Miao”? Negli anni ‘70 andava forte la moda britannica in Giappone e Kitty era un nome perfetto, molto chic, che suonava internazionale. Infatti la gattina non è neppure giapponese, ufficialmente è inglese, vive fuori Londra e ha una sorella gemella.
Un’icona intergenerazionale
Fast forward ai giorni nostri: sono passati 50 anni e Hello Kitty non ha perso un briciolo di popolarità. Anzi, si è trasformata in un’icona intergenerazionale. Da gadget per ragazzine kawaii si è evoluta fino a diventare un fenomeno globale, amato anche dai nostalgici e dai collezionisti. Ci sono borse di lusso di Hello Kitty, intere capsule collection con i grandi stilisti e persino una bara Hello Kitty. No, non è uno scherzo. In Giappone puoi essere accompagnato nell’aldilà con un coperchio a forma di faccina sorridente. Macabro? Forse. Sicuramente geniale.
Il segreto di Hello Kitty? Può essere tutto e niente
Se vi state chiedendo qual è il segreto del suo successo, eccolo: Hello Kitty è tutto e niente. È così semplice, così neutrale, così kawaii, che può essere adattata a qualsiasi cosa. Può rappresentare l’innocenza di un portapenne, la follia di un barbecue a tema o persino il lusso sfrenato di un jet privato. È come uno specchio che riflette il nostro amore per il carino, l’assurdo e il personalizzabile.
Oggi, nel suo cinquantesimo compleanno, Hello Kitty ci ricorda che il kawaii non ha limiti. E nemmeno l’immaginazione dei giapponesi. Dopo tutto, chi altri poteva pensare di metterla su una motosega?