«Squadre che dovevano retrocedere e son rimaste al loro posto, squadre che dovevano essere promosse e che invece avevano ripetuto la classe, giocatori fidatissimi che hanno mollato nell’attimo fuggente necessario. Un capolavoro, signori miei: anzi, una serie di capolavori.»
È il 4 dicembre 1953. C’è un uomo, con un vestito scuro, che corre nei campi vicino alla stazione ferroviaria di Alessandria.
Alle sue spalle, altri uomini che lo inseguono intimandogli di fermarsi. Alla fine lo raggiungono, lo fermano, lo riportano indietro.
Tutti ansimano nell’aria fredda sollevando piccole nuvole di vapore, qualcuno sta imprecando, l’uomo rimane in silenzio, guardandosi attorno preoccupato, con l’aria di un animale in trappola. Poi lo portano in macchina e ripartono, ma alla prima curva l’uomo spalanca la portiera e si lancia dall’auto in corsa, riprovando a fuggire. Ma chi è quell’uomo protagonista di questa scena che ricorda un po’ quelle di “Prendi i soldi e scappa” di Woody Allen e un po’ quelle di “Guardie e Ladri” con Totò e Aldo Fabrizi?
La crisi del calcio italiano e il metodo di Gegio
Quell’uomo è Eugenio Gaggiotti, detto “Gegio”, e nel suo settore è una persona molto nota, anche se nel suo settore l’anonimato è una cosa importante: di lui esiste solo una fotografia, sgranata, con degli occhialoni di motociclista, in cui è praticamente irriconoscibile.
