Tra parquet scricchiolanti, soffitti a cassettoni e vasellame da collezione, la Fondazione Adolfo Pini ci invita a esplorare il cuore più intimo della borghesia milanese, in bilico tra arte, memoria, mecenatismo e poesia. Dall’appartamento d’artista alle giovani promesse del Pini Art Prize, un viaggio nella Vecchia Milano che sa essere sorprendentemente contemporaneo.
Dietro l’androne, la meraviglia
Non c’è retorica nel sottolineare quant’è bella la Milano Segreta, la città dei cortili colonnati, dei piani nobili affrescati, degli scaloni eleganti che partono da facciate decorate con sobrietà, anche quando le magioni si intuiscono magnifiche.
La Fondazione Adolfo Pini è una piccola perla borghese da conoscere e visitare. Per chi è turista, si tratta di vedere il cuore della ricca Milano borghese, che tanto ha dato e continua a dare in termini di mecenatismo artistico e scientifico.

Ma anche per chi a Milano ci vive da sempre, varcare la soglia del civico 2 di corso Garibaldi è un’esperienza che deve essere fatta, anche più volte: una dimora borghese del primo Novecento che disegna un’intera anatomia della bellezza, un luogo dove la vita privata si trasforma in patrimonio culturale e dove si coltiva con serietà la leggerezza delle cosebelle.
L’arte di vivere al piano nobile
Entrando alla Fondazione Adolfo Pini, non si visita semplicemente un museo, si entra in casa d’altri.
La casa – studio di Renzo Bongiovanni Radice, pittore del primo Novecento e zio del fondatore Adolfo Pini, è oggi un appartamento-museo che trasuda borghesia colta da ogni intarsio di parquet.
La distribuzione degli spazi, i soffitti a cassettoni, gli arredi originali e le opere dell’artista compongono un racconto visivo dove nulla è lasciato al caso: né i candelabri, né le maioliche, né l’eco delle conversazioni che si intuiscono, tra un tappeto e un vaso in ceramica.
È la Milano delle famiglie “serie”, dei salotti culturali, del mecenatismo che non fa troppo rumore ma lascia il segno.

In un certo senso, è anche un piccolo manuale di stile. Non da imitare, forse, ma da osservare con attenzione, come quando si spia l’armadio di una zia affascinante e un po’ misteriosa, per scoprire che da lei si può ancora imparare cos’è l’eleganza delle piccole cose.
Anatomia di una casa milanese
L’edificio, tipico palazzo ottocentesco milanese con corte interna e porticato a colonne, venne sopraelevato nel 1910 dall’ingegner Piero Pini, che ne fece anche la dimora d’artista del figlio.
La curiosità: durante i lavori, un ciabattino in affitto al pianterreno si oppose con veemenza al progetto, lamentando disturbi e rumori. Una lite borghesi vs. proletari ci ricorda che la gentrificazione esisteva anche nel secolo scorso. Il palazzo, con le sue botteghe al piano terra e gli appartamenti accessibili dalla scala di servizio, è un perfetto esempio della Milano che cambia ma non dimentica le sue radici sociali. E il piano nobile — con le sue finestre più ampie e le decorazioni più ricche — resta lì a ricordarci da dove si guardava e si gestiva il mondo.

La pittura di Renzo Bongiovanni Radice
Cuore pulsante della Fondazione è l’opera pittorica di Renzo Bongiovanni Radice (1899–1970), che viene raccontata attraverso oltre 40 dipinti esposti in quella che è stata la sua casa.
Qui i quadri convivono con le librerie, le porcellane, le fotografie, come se lui fosse uscito un attimo a prendere un caffè in corso Garibaldi e stesse per tornare. Il suo stile attraversa mezzo secolo di pittura italiana, mescolando accademia e ricerca, classicismo e sensibilità moderna. Soprattutto, restituisce una visione privata dell’arte, in cui il gesto pittorico è al servizio della memoria; guardare i suoi quadri mentre si è seduti su una sedia originale degli anni ’30 ha qualcosa di profondamente poetico.
L’eredità di Adolfo Pini
Adolfo Pini, scrittore, mecenate e intellettuale discreto, è il vero demiurgo di questo piccolo universo borghese.
A lui si deve la creazione della Fondazione che porta il suo nome, con l’intento dichiarato di promuovere la figura dello zio pittore e di sostenere la cultura in tutte le sue forme. La collezione ereditata — fatta di oggetti d’arte, mobili, quadri e tappeti — diventa oggi non solo un patrimonio estetico, ma anche uno strumento di interpretazione della Milano colta del Novecento.
Il Pini Art Prize: poesia, ricerca e visioni contemporanee
Se, da un lato, la Fondazione Adolfo Pini custodisce con grazia il passato, dall’altro si proietta energicamente nel futuro.
Il Pini Art Prize, arrivato alla sua seconda edizione (2025–2026), è un premio dedicato a under 35 nei campi delle Arti Visive, della Poesia e della Ricerca in Storia dell’Arte. Tre sezioni, tre giurie, una sola missione: dare voce alle nuove generazioni creative, non solo tramite riconoscimenti in denaro ma, soprattutto, attraverso vere e proprie opportunità di esposizione, pubblicazione e residenza artistica.
Tra i partner del premio, spiccano realtà come la Casa degli Artisti di Milano e l’editore Interlinea, che pubblicherà la raccolta del vincitore della sezione Poesia. Per la Ricerca, invece, è prevista una pubblicazione per Postmedia Books, uno dei riferimenti editoriali più interessanti dell’arte contemporanea. In un’epoca in cui tanti bandi sembrano più gare di resistenza che incubatori di talento, il Pini Art Prize si distingue per cura e coerenza.
I nuovi spazi espositivi
Nel 2025, un’altra grande novità: l’apertura del nuovo spazio espositivo al piano terra della Fondazione, un ambiente di oltre 250 mq pensato per accogliere installazioni site-specific, performance, incontri, scambi. Un vero e proprio ponte tra la casa borghese e la città, tra l’intimità del collezionismo e la necessità pubblica del confronto.
L’idea è semplice ma potente: fare della Fondazione Pini non solo un luogo della memoria, ma anche un laboratorio per l’arte che verrà, uno spazio dove generazioni e linguaggi si incontrano, si scontrano, si mescolano. Dove il parquet convive con il neon, la poesia con la pittura, la tradizione con l’urgenza.
Info utili alla visita
Se vuoi fare un’esperienza a metà tra Grand Tour e Grand Budapest Hotel, con una spruzzata di poesia urbana, Fondazione Adolfo Pini è una dimora che insegna l’arte della memoria e la bellezza del futuro. Verifica sul sito gli orari di apertura. L’ingresso è gratuito ma è necessario prenotare la visita guidata.
Cover photo: Mostra permanente / Fondazione Adolfo Pini Milano/ ph Andrea Rossetti 2025