Poco più di 17 ore da trascorrere in nave.
Non sono tante, poiché esse includono anche la notte, in cui il sonno è cullato dall’abbraccio gelido dell’acqua, quale madre mitica di ghiaccio e sale.
Non sono tante, poiché le ultime miglia regalano alla vista uno spettacolo che fa sobbalzare il cuore ad ogni onda.
Da Copenhagen, precisamente dal porto di Nordhavn, è possibile raggiungere Oslo con una traversata che inizia nel pomeriggio e consente di svegliarsi, l’indomani, osservando rapiti, dietro spesso vetri o in balia delle raffiche impetuose che dominano il ponte, lingue di terra verde intenso colorate di casette e barche in legno.
E, dopo la natura incontaminata, ecco estendersi la capitale norvegese, Oslo: città di storia, di architettura, di tecnologia, ma, soprattutto, di armonia fra presente e passato, fra uomo e mare, fra il bianco assoluto della neve, in inverno, e del Teatro dell’Opera, in ogni stagione, fra le tinte accese dei tulipani, in primavera, e dei vestiti, che girano seguendo il vortice di ritmi antichi, nell’area del Museo del Folklore.
Il centro storico lo si racchiude in un perimetro di pochi passi: un nucleo di monumenti ed abitazioni di rara bellezza che armonizza gli ossimori, mostrandosi maestoso eppur piccolo, calmo eppur affollato, lindo eppur trionfante di odori.
Qual è il modo migliore per una iniziare la visita di Oslo? Concedersi una cosa bella, ovviamente.
E allora, tutti a bordo di un battello in legno che conduce, durante la stagione clemente, lungo il fiordo della città.
Siate pronti a tutto. Pronti a incappucciarvi per lo scrosciare della pioggia e poi a divincolarvi dal peso della giacca per godere, subito dopo, di un sole birichino.
Pronti a sognare, davanti ad un faro, memore dei tempi lontani; ad apprezzare l’ingegno architettonico del nostro Renzo Piano; ad ammirare la sontuosità del Municipio e il fascino del monastero cistercense che sorge nell’isolotto di Hovedøya.
E, ancora, pronti a scendere, per una tappa, per percorrere il Fram, il museo che rende celebre Oslo, perché ospita la nave lignea costruita da Nansen nel 1892 e, perché, sotto un soffitto che riproduce i bagliori fatati dell’aurora boreale, racconta le temerarie esplorazioni di uomini impavidi, novelli Ulisse dei ghiacci, che si sono spinti fino ai poli, a volte fallendo, a volte ritornando nella propria Itaca con un sogno da regalare.
Cosa aspettate ad affrontare tale avventura? L’urlo di Munch non sarà fonte di angoscia e terrore, per voi, ma di stupore.
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